Uccidiamo Penelope

Sono dell’idea che Penelope dovrebbe essere uno dei personaggi letterari più odiati di sempre. Riflettendoci, sono arrivata alla conclusione che la sua presenza nell’Odissea non è che un chiaro espediente per far tornare a casa quello sciagurato di Ulisse che altrimenti non avrebbe avuto ragione di tornare alla noiosa Itaca e sarebbe ancora per mare oggi, a fare slalom tra le trivelle, sognando l’Isola dei Famosi.

(Perdonami Omero, so che saprai chiudere un occhio. O due.)

rrrrIronia a parte, Penelope incarna seriamente un modello comportamentale femminile che oggigiorno oserei definire controproducente e obsoleto. Per evitare allora che Simone de Beauvoir e Katherine Pankhurst si rivoltino nella tomba alla sola idea che nel 2016 vi siano ancora donne che facciano ancora  la tela a casa (e quest’espressione racchiude ogni occasione nella quale una donna desidera vivere una vita attiva e qualcosa o qualcuno glielo impedisce), è necessario portare alla luce delle personalità-guida che, seppur fittizie, sappiano bilanciare questo lato ancestrale della femminilità con degli esempi più indipendenti e coraggiosi. La libertà è femmina, e la controversia pure.

 

Paradossalmente, le eroine più irriverenti nascono quasi sempre da una penna maschile. A partire dall’addio di Nora in Casa di Bambola di Ibsen, le donne che hanno fatto della fuga la loro cifra stilistica sono innumerevoli. Per alcune di loro, l’addio è diventato una raison d’être mentre per altre un faux-fuyant verso una realtà apparentemente diversa.

Francesismi a parte, al primo caso appartengono due semi-sconosciuti di nome Jacqueline e Holly.

jacqueline

Edie Sedgwick

Non ero veramente me stessa se non nel momento in cui fuggivo. Gli unici bei ricordi che ho sono ricordi di fughe vere e proprie o di scappatelle da casa.

Jacqueline è la misteriosa protagonista di “Nel caffé della gioventù perduta” di Patrick Modiano. Figlia di una ballerina del Moulin Rouge, viene schedata ancora adolescente dai poliziotti parigini per vagabondaggio per le strade del Quartier Latin. Le sue scappatoie si traducono presto in qualcosa di più serio: dall’abbandono scolastico fino alla rottura con il marito, Jacqueline si nutre di abbandoni e li consacra come unici veri momenti felici della sua vita perchè nessun uomo le provoca lo stesso batticuore, la stessa perversa ebbrezza del lasciarsi alle spalle un luogo, un incontro, una vita.

Voleva evadere, fuggire sempre più lontano, rompere brutalmente con la vita quotidiana, per respirare all’aria aperta. E c’era poi, di tanto in tanto, quel timore panico di fronte alla prospettiva che le comparse che ti sei lasciato alle spalle potessero ritrovarti e venirti a chiedere conto di qualunque cosa. Bisognava nascondersi per sfuggire a quei ricattatori sperando un giorno definitivamente fuori dalla loro portata.

holly

La stessa inquietudine caratterizza anche Holly Golightly, la protagonista di “Colazione da Tiffany”. Conosciuta con il volto di Audrey Hepburn a livello mondiale, Holly condivide con Jacqueline un passato turbolento ed un passato altrettanto incerto: sposa in giovane età nel più profondo Midwest, da ladra di uova diventa starlette newyorkese con molta più fatica di quanto il film lasci immaginare. Nell’originale novella di Truman Capote, le sue mean reads (letteralmente “paturnie” in italiano) non sono una scusa per fare capolino tra le vetrine di uno dei negozi di gioielleria più celebri della Grande Mela ma delle vere e proprie crisi depressive, le dolorose conseguenze di una serie di traumi emotivi passati.

I don’t want to own anything until I know I’ve found the place where me and things belong together. I’m not quite sure where that is just yet. But I know what it’s like.”(…) “It’s like Tiffany’s (…). It calms me down right away, the quietness and the proud look of it; nothing very bad could happen to you there, not with those kind men in their nice suits, and that lovely smell of silver and alligator wallets.

L’atmosfera ovattata e familiare di Tiffany, la gentilezza ed il decoro delle commesse ed i gioielli inscalfibili irradiano una luce terapeutica che ricorda le luce verde del molo di Daisy del Grande Gatsby: la speranza, seppur vana, di un orgiastico futuro. Ma il destino di Holly è ben lontano dalla versione di Audrey Hepburn: la vera Holly è una wild thing, uno spirito libero che non può essere addomesticato e che per ragioni di popolarità cinematografica  viene ingabbiato nella rete domestica da George Peppard emntre nel romanzo continua la sua inarrestabile fuga, noncurante addirittura dell’amato gatto spelacchiato.

Never love a wild thing. (…) You can’t give your heart to a wild thing: the more you do, the stronger they get.Until they’re strong enough to run into the woods. Or fly into a tree. Then a taller tree. Then the sky. That’s how you’ll end up, Mr. Bell. If you let yourself love a wild thing. You’ll end up looking at the sky.

Al secondo caso appartengono invece due matrioske in fuga, Otilia e Amy.

otilia

Vivian Maier

Otilia è la niña mala di Mario Vargas Llosa, il cui alter ego Ricardo assiste impotente alle trasformazioni da ragazzina cilena a spia cubana, da nobildonna inglese a prostituta giapponese. In “Avventure della ragazza cattiva” , Otilia dissemina le più varie versioni di se stessa, tutte fedeli all’originale e infedeli al suo uomo, porto sicuro e sepolto da tonnellate di bagagli e maschere.

Faceva sempre in modo di farmi sapere, o meglio, indovinare, che c’erano uno o più segreti nella sua vita di tutti i giorni, una dimensione della sua esistenza cui io non avevo accesso e dalla quale poteva scatenarsi in qualsiasi momento un terremoto che avrebbe mandato all’aria la nostra convivenza.

gonegirl

L’infedeltà è anche la scintilla che fa scoppiare la polveriera coniugale di Amy, la gone girl di Gillian Flynn. Fin da piccola in lotta con la sua doppelganger romanzesca creata dai genitori – un ideale di perfezione sotto forma di libro per bambini-, Amy crede di trovare in Nick una via di fuga ma il loro matrimonio non sarà che l’ennesima gabbia dalla quale la fuga  le costerà un sacco di sangue e di preparazione certosina. Le versioni di Amy sono molteplici e spesso in contrasto tra loro: figlia viziata, giornalista fallita, fidanzata perfetta, moglie insoddisfatta, assassina spregiudicata..

It’s a very difficult era in which to be a person, just a real, actual person, instead of a collection of personality traits selected from an endless Automat of characters.
And if all of us are play-acting, there can be no such thing as a soul mate, because we don’t have genuine souls. It had gotten to the point where it seemed like nothing matters, because I’m not a real person and neither is anyone else. I would have done anything to feel real again.

Rinunciare alla propria identità in favore di un’altra è la vera fuga da se stessi. Ritrovarsi, poi, risulta quasi impossibile perchè la sovrapposizione d’identità necessita di una lavoro di scavo interiore che pochi archeologi sono disposti a intraprendere. Così, molte donne rimangono prive d’identità, in presa al più cupo spaesamento che trasforma ogni luogo in un non-luogo: l’angoscia di ogni partenza corrisponde alla paura dell’eterno non-ritorno di se stessi in se stessi, il rischio assoluto a cui si va incontro quando si scommette su una ipotetica versione di sè. Forse però vale la pena perdersi se l’alternativa è l’immobilità bugiarda di una tela che nel guadagnare tempo, spreca la vita.

 

 

Le citazioni fanno riferimento a:

  • Nel caffè della gioventù perduta di Patrick Modiano (2010), tradotto da Irene Babboni per Einaudi
  • Breakfast at Tiffany’s, Truman Capote, 1958
  • Avventure della ragazza cattiva di Mario Vargas Llosa (2007), tradotto da Glauco Felici per  Einaudi
  • Gone girl, Gillian Flynn, Phoenix Fiction, 2014

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