Come in ogni racconto che si rispetti, inizio dicendo che i fatti narrati sono tratti da una storia vera e che ogni riferimento a cose, persone, luoghi è voluto in modo da rendere chiaro il messaggio che voglio trasmettere. Nessuna profezia della fine del mondo o dell’arrivo del messia, promesso. Solo un invito a pensare con la testa.
C’erano una volta quindi, un gruppo di amiche che sabato sera uscirono per andare a bere qualcosa in un locale del centro. Niente di speciale, solo per divertirsi un po’ insieme. Prima di uscire da un locale, una mia amica mi riferisce che un ragazzo aveva commentato ad alta voce il mio vestito e la mia persona, definendomi una poco di buono (per non utilizzare l’esatto termine utilizzato dallo specialista in questione ovvero troia) ad andare in giro conciata così.
Ora, bisognerebbe dire che c’erano trenta gradi, che il vestito era corto fino a metà coscia, scollato sul davanti e sul dietro senza essere eccessivo, che era di cotone blu con dei pallini bianchi, che ai piedi avevo un paio di espadrillas nere ed una borsa nera di pelle.
Ah no aspetta. Non ho bisogno di giustificarmi. In fondo, nessun uomo si giustifica mai per come si veste. Nessun uomo è mai giudicato così malignamente per come si veste. Nessun uomo prova la vergogna di sentirsi a disagio con se stesso a causa di un pezzo di stoffa. Ma io sì perchè sono una femmina e quindi merito di essere tratta come un pezzo di carne ambulante.